2021 - Recensioni
"Un posto tranquillo" - Seichō Matsumoto
È da tempo che non scrivo recensioni di opere letterarie, non perché non abbia letto ma piuttosto perché non mi è venuta l’ispirazione o è mancata la giusta predisposizione mentale e di spirito per farlo.
Ho letto in poche ore “Un posto tranquillo” dell’autore giapponese Seichō Matsumoto e mi sono decisa a scrivere questo invito alla lettura perché ho scoperto che non è tanto tradotto in Italia pur essendo un autore molto prolifico e conosciuto nel suo Paese.
“Un posto tranquillo” è stato pubblicato in Giappone nel 1975 e in Italia nell’anno appena passato, da Adelphi.
Che la storia sia ambientata alla fine del Sessantanove o nei primi anni Settanta lo si deduce solo a lettura avanzata per il riferimento all’omicidio di Sharon Tate e alla presenza di una comune hippy giapponese a imitazione di quelle statunitensi.
Per il resto non sono presenti particolari riferimenti temporali e le vicende narrate ben potrebbero svolgersi in anni più recenti: questo per quanto riguarda la collocazione nel tempo.
Quanto invece alla collocazione nello spazio, essa è ben individuata: la storia si svolge in Giappone, con le sue usanze, tradizioni, abitudini, convenzioni sociali, con la sua geografia e i sui elementi di arredamento come il futon, i fusuma, i tatami e naturalmente con la sua cultura, con i suoi haiku, kouta, nihonga, e, immancabili, con le sue geishe, forse il solo termine in lingua originale di cui anche il lettore occidentale poco avvezzo ai termini giapponesi conosca il significato.
“Quando arrivò la notizia, Asai Tsuneo si trovava a Kōbe.
Erano circa le otto e mezzo e stava partecipando a una cena ufficiale, con un gruppo di industriali del settore agroalimentare. Asai, funzionario di un ufficio del ministero dell’Agricoltura, era arrivato il giorno prima insieme al nuovo capo di gabinetto Shiraishi, che aveva ricevuto quella nomina da appena un mese e di politiche alimentari sapeva poco o niente. Avevano visitato alcuni stabilimenti di conserve e di insaccati nella zona di Ōsaka e Kōbe e il giorno successivo sarebbero partiti per Hiroshima”.
Così comincia il racconto: Asai è il protagonista di tutta la vicenda e la narrazione si snoda e si sviluppa proprio su ciò che succede ad Asai, sia per quanto riguarda gli accadimenti del mondo-di-fuori sia per quelli del mondo-di-dentro, vale a dire sia per gli accadimenti oggettivi che per quelli soggettivi, i fatti e i sentimenti, gli eventi e le successive riflessioni, le azioni e le conseguenti paure e ossessioni.
La notizia che arriva ad Asai, al termine di una importante cena di lavoro, è quella della morte improvvisa di sua moglie Eiko, non per un incidente ma per un attacco cardiaco.
Asai torna subito a Tokio e si decide a scoprire come e in quali circostanze Eiko sia venuta a mancare: si, sua moglie, soffriva di cuore, così gli aveva sempre detto, ma il suo decesso pare ad Asai sospetto e poco chiaro.
E così ripercorre i movimenti di Eiko, cerca di scoprire cosa avesse fatto, chi avesse incontrato, dove fosse stata prima di morire lontana da casa.
È una ricerca la sua che ci appassiona, ci tiene legati al libro. Il lettore può sentirsi in empatia con Asai e le sue perplessità e lo segue, lo accompagna con la mente...
Fino a che, con un cambio di prospettiva, all’incirca a due terzi della lunghezza del libro, “accadde quel che accadde”.
Cambiano i ruoli e i punti di vista e forse il lettore prova meno empatia e più distacco dal protagonista.
La narrazione è sempre avvincente ma ossessione e senso di colpa diventano predominanti, “delitto e castigo” prendono il posto di quella che poteva apparire come una “innocente”, giustificata, personale e comprensibilissima ricerca della verità.
Ma non voglio svelare oltre e lascio a ciascun lettore, che voglia accogliere il mio invito e dar seguito a questa segnalazione, il piacere della lettura e della scoperta individuale.
Buona lettura!
Pavia, 27 febbraio 2021
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“Il mondo dietro di te” – Rumaan Alam
È uscita a Marzo 2021 la traduzione italiana di “Leave the World Behind” di Rumaan Alam, pubblicata da “La nave di Teseo Editore”.
Sul retro della copertina vi è una citazione da “The Washington Post” che definisce il libro “un thriller perfetto” ma anche “un’opera di alta letteratura”.
Ebbene, lascio ai lettori che accoglieranno la mia segnalazione il giudizio sull’essere il romanzo un thriller perfetto e un’opera di alta letteratura...
Quanto a me, posso dire di averlo letto in una giornata, avvinta senz’altro dalla suspense ma credo soprattutto dalla prosa dell’autore che sostiene una trama in sé essenziale e quasi scarna, considerata anche la lunghezza del libro stesso.
Una famigliola americana, “piccolo borghese” lascia la città di New York e si dirige a Long Island (quella de “Il grande Gatsby”) per una vacanza in una casa presa in affitto: padre, Clay, madre, Amanda, e due figli adolescenti ma “ancora per lo più bambini”, Archie e Rose.
“La casa era di mattoni, dipinti di bianco”, “Sembrava vecchia ma nuova” “solida ma leggera”, sicura come quella del più furbo dei tre porcellini, c’era anche la piscina, il mare non lontano ed era circondata dai boschi.
“Rispettava lo slogan amichevole della descrizione. Entra nella tua bella casa e lascia il mondo dietro di te”.
La vacanza comincia e solo qualche accenno “fuori campo” lascia intendere che qualcosa incombe, una minaccia, un sospetto di pericolo imminente, anche se non si comprende cosa potrà mai accadere.
Ed ecco un rumore, “strascicamento di piedi, una voce, un mormorio basso, una presenza. Una perturbazione, un cambiamento. Qualcosa... Ecco che qualcuno bussava alla porta. Cosa avrebbero dovuto fare?”.
Viene citato “Indovina chi viene a cena?” ma è chi bussa a costituire un pericolo, a rappresentare una minaccia?
La voce fuori campo insinua, suggerisce, lascia intendere, stuzzica e la narrazione va avanti, nessuno viene ucciso, nemmeno un ferimento finché non si comprende che lo scenario diventa quello che si definisce “distopico”, una distopia però non lontana e improbabile, ma vicina, vicinissima a noi, quasi presente e assai probabile, quasi quasi prevedibile.
La convivenza di quattro adulti e due adolescenti nella casa di mattoni occupa tutta la narrazione. Viene citato anche “quel film in cui l’uomo finge per il figlio che la vita durante il nazismo sia normale, persino bella”.
I personaggi si delineano coi loro discorsi e i loro comportamenti, le loro paure istintive e i loro ragionamenti rassicuranti mentre la natura si ribella, le certezze quotidiane vengono a mancare, la casa di fatto rimane isolata e lontana dal resto del mondo.
Tutto per duecentonovantotto pagine. Pagine di inquietudine e trepidazione per ciò che accade e per ciò che non accade, per ciò che ci si aspetta e per ciò che non ci si aspetta, per ciò che viene rivelato e per ciò che non viene rivelato, a cominciare dall’incipit:
“Bene. Il sole risplendeva. Lo presero come un segno propizio – la gente trasforma qualsiasi cosa in un presagio. Era come se tutto dicesse che non ci sarebbero state nuvole all’orizzonte. Il sole era al suo solito posto. Il sole persistente e indifferente”.
Come detto sopra, al di là della trama, ho trovato notevole e personale la prosa dell’autore, il suo stile, il suo talento con le parole e l’affabulazione.
Lascio ai lettori il piacere di scoprirlo e di immergersi nella storia de “Il mondo dietro di te”.
Buona lettura!
Pavia, 23 maggio 2021
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